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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 453
Marchesa. Perchè?

Marchese.   Perchè, sentite. Favorite, sediamo.
Marchesa. Questa mi par curiosa. (sedendo)
Marchese.   Fra di noi discorriamo.
Già non abbiam che fare. Fino a doman non voglio
Degli interessi miei esaminar l’imbroglio.
Sentite, io vi diceva, cara Marchesa mia,
La vedova o sta sola, o vive in compagnia.
Se vuol star sola in casa, se vive ritirata,
A viver miserabile per sempre è condannata.
Se vuol godere il mondo con tutti i piacer suoi....
(Marchesa, non credeste.... io non parlo per voi),
Allora dalla gente si critica, si parla,
E la riputazione si stenta a riacquistarla.
Di voi non vi è chi possa ardir di pensar male;
Ho solo delle vedove parlato in generale.
Marchesa. Caro signor Marchese, non vi credea sì destro.
Che foste qua venuto per farmi da maestro.
Le vedove mie pari son vedove onorate.
Marchese. Io parlo in generale, e voi vi riscaldate.
Marchesa. Eh, che la frase vostra, caro signor, l’ho intesa;
So che coll’altre vedove io pur sono compresa.
Marchese. Non so che dir: dall’altre io almen vi ho separata;
Ma se sapete d’essere coll’altre incorporata,
Quel che di tante io dico, parlando qui fra noi,
Temete che dal mondo non dicasi di voi.
Marchesa. Siete venuto apposta per farmi delirare?
Marchese. A tutti gli ammalati son le pillole amare.
Marchesa. Sono stanca di udirvi.
Marchese.   Ma no, non vi sdegnate.
Perchè, cara Marchesa, non vi rimaritate?
Marchesa. Ho da rendere a voi conto de’ fatti miei?
Marchese. Vi offendo, se contenta vedervi io bramerei?
Marchesa. Il partito dov’è? Voi mi movete a sdegno.
Marchese. Sia ringraziato il cielo. Arriveremo al segno.