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508 ATTO QUINTO
Conte. E poi, quando credessi la fosse al caso mio....

Converrebbe di questo discorrere allo zio.
Alberto. Vedeu? Per st’altra parte togo l’impegno mi;
E son squasi seguro, che el ne dirà de sì.
Conte. Per qual ragion dovrebbe rispondere di no?
Don Mauro sa chi sono. Sa l’entrate ch’io ho.
Sa le mie parentele; e un uom che non è cieco,
Ha da desiderarlo d’imparentarsi meco.
Alberto. Tutto quel che ave dito, xe pura verità;
E so che sti riflessi no i fe per vanità.
Co l’amigo se pol parlar con confidenza.
Ah? che parla a don Mauro, Conte, me deu licenza?
Conte. Pensiamoci un po’ meglio.
Alberto.   Per mi gh’ho ben pensà.
Questo xe el vostro caso... Don Mauro eccolo qua.
Conte. Andiamo.
Alberto.   No, parlemoghe.
Conte.   Ma voi mi tormentate.
Alberto. Parlerò mi per vu.
Conte.   Bene, da voi parlate.
Alberto. Ma vardè ben, compare, no me mettè in intrigo.
Conte. Son cavalier d’onore. (incamminandosi, poi parte)
Alberto.   E mi ve son amigo.

SCENA II.

Il signor Alberto e don Mauro.

Mauro. Oh signor Veneziano...

Alberto.   Patron; v’ho da parlar.
Diseme, vostra nezza la voleu maridar?
Mauro. Nezza? Chi è questa nezza?
Alberto.   Vôi dir vostra nipote.
Parlo col mio linguaggio.
Mauro.   Nezza vuol dir nipote?