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LA VILLEGGIATURA 73


Riminaldo. Fate pure come vi aggrada. Già io me ne vado domani.

Eustachio. Che dite eh, delle nostre ninfe? S’attaccano a tutto: padroni, servitori, grandi e piccoli. Pur che buschino qualche cosa, tutto loro comoda.

Riminaldo. Benchè siano donne di villa, non invidiano quelle della città nell’arte del saper fare.

Eustachio. L’interesse domina da per tutto. Non vi è altra differenza, se non che in città vi vogliono dei zecchini, e qui con pochi paoli si fa figura. (parte)

SCENA IV.

Don Riminaldo, poi Libera.

Riminaldo. Don Eustachio va con economia nelle cose sue. È uno di quelli che vanno in villa cogli amici, per risparmiar la tavola a casa loro.

Libera. Ebbene, signor don Riminaldo, come è andata la cosa di don Ciccio?

Riminaldo. Benissimo. Avete dato motivo a tutti di ridere coll’averlo legato su quella seggiola.

Libera. Ora mi dispiace, che si vorrà vendicare. Mi raccomando a lei che ci difenda.

Riminaldo. Io vi posso difender per poco.

Libera. Perchè?

Riminaldo. Perchè domani me ne voglio andare.

Libera. Bravo! vuol andar via? Così, senza dirmi niente?

Riminaldo. Che? vi ho da domandare licenza per andar via?

Libera. Quando si vuol bene, non si fa così.

Riminaldo. Io voglio bene a voi, come voi ne volete a me.

Libera. Me ne vorrà assai, dunque.

Riminaldo. Appunto tanto, quanto voi ne volete a Zerbino.

Libera. Io a Zerbino?

Riminaldo. Poverina! a Zerbino! oh figuratevi.

Libera. Non so niente io di Zerbino.’