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LA VILLEGGIATURA 77


Lavinia. Ma voi altre siete qui a tutte l’ore.

Libera. Sentite? dice a voi. (alla Menichina)

Lavinia. Dico a tutte due io; ma sarà finita.

Libera. (Ha invidia, si conosce).

Menichina. (Ha paura che le si levi).

Paoluccio. Donna Lavinia, la vostra gentilezza non ha da permettere che siate rigorosa a tal segno.

Lavinia. E la loro petulanza non dovrebbe a tanto avanzarsi.

Paoluccio. Zitto, per carità.

Libera. Gli leveremo l’incomodo. Signore1, sto qui poco lontana. (a don Paoluccio, e parte)

Menichina. Non verremo più a disturbarla. (Venga da mia madre, che lo vedrà volentieri). (a don Paoluccio, e parte)

Paoluccio. Non credeste già ch’io facessi caso di loro. Mi diverto: così si fa in Inghilterra. (a donna Lavinia)

Lavinia. In Inghilterra, in Francia, e per tutto il mondo, si deve usare la civiltà.

Paoluccio. Ed io da per tutto l’ho usata, siccome intendo d’usarla qui.

Lavinia. Non mi pare che voi l’usiate moltissimo.

Paoluccio. Che a voi non paia, spiacemi infinitamente; ma non so come possa chiamarsi atto incivile il dire due barzellette a delle villane, che si trovano accidentalmente in campagna.

Lavinia. Se usar sapete la civiltà, mostratelo almeno in questo. Lasciatemi sfogare almeno la mia passione, e non vi sottraete colla vostra disinvoltura da un rimprovero che vi è giustamente dovuto.

Paoluccio. Giusto o non giusto che sia il rimprovero, lo riceverò senza scuotermi, e vi prometto di non difendermi, per timore che la difesa mia vi possa essere di dispiacenza.

Lavinia. Lasciatemi dire, e quando ho detto, difendetevi se potete. Bello spirito, bella disinvoltura che acquistata avete ne’ vostri viaggi! Poteva dare io maggior prova di stima ad un cavaliere,

  1. Zatta: Gli leveremo l’incomodo: io, signore ecc.