Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XIV.djvu/135

Da Wikisource.

LA DONNA SOLA 129
Evvi una cosa sola ch’eguale a ognun mi fa,

Tutti mi rendon lacci, e sono in libertà.
Pippo. Eccomi qui, signora; ma questa non mi pare,
Sia detto per non detto, l’ora del desinare.
Berenice. Perchè?
Pippo.   Perchè i Romani, ch’erano genti dotte,
Solevano mangiare verso un’ora di notte.
Berenice. Voi siete bene istrutto dunque del stile antico.
Gran bello studio è questo!
Pippo.   Siete del studio amante?
Berenice. Io per le belle lettere son pazza delirante.
Pippo. Certo le belle lettere sono un studio assai bello.
In materia di lettere, io scrivo in stampatello.
Ho una raccolta in casa di medaglie bellissime,
E di monete ancora, con lettere grandissime.
Berenice. Questa è la beltà vera, visibile e palpabile,
E non certe anticaglie d’un prezzo immaginabile.
Nelle lucerne antiche spendon tanti quattrini.
Pippo. Io ho una lucerna in casa, nuova, con tre stoppini.
Berenice. So ancor che voi avete una gran libreria.
Pippo. Può esser che di meglio al mondo non ci sia.
Ho speso in dieci anni, non son caricature,
Più di sessanta scudi in tante legature.
Berenice. Cosa avete di bello?
Pippo.   Son tanti i libri miei...
Se me li ricordassi, quasi ve li direi.
Aspettate: due tomi avrò del Caloandro,
Averò quasi tutta la Vita d’Alessandro;
Paris e Vienna certo, i Reali di Franza,
Il Guerrino meschino, le Femmine all’usanza,
Dieci o dodeci tomi del Giornale Olandese.
Ho sedici commedie tradotte dal francese;
Il libro delle Poste per viaggiare il mondo;
Un libro che ha per titolo... mi pare, il Mappamondo;
Due o tre Calepini, due o tre dizionari,