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162 ATTO QUARTO

SCENA XV.

Donna Berenice, poi don Filiberto, poi Filippino.

Berenice. Nol credo tanto schietto, conoscolo alla ciera.

Ma i nostri servitori son tutti a una maniera.
Ne abbiamo di bisogno, di lor convien fidarsi,
E se non sono i peggio1, è grazia da lodarsi.
Filiberto. Eccomi di ritorno.
Berenice.   E tanto siete stato?
Cosa dice mia madre?
Filiberto.   Don Claudio è ritornato?
Berenice. Non ancora.
Filiberto.   La vostra cortese genitrice
Brama di rivedervi per esser più felice.
Sta bene di salute, dalla vecchiaia in fuori,
E i vostri complimenti li accetta per favori.
Berenice. Anderò a visitarla. Grazie vi rendo intanto
Dell’incomodo preso.
Filiberto.   Buon servitor mi vanto.
Ma di già che siam soli, deh, se vi contentate,
Favelliamo sul serio.
Berenice.   Sì, mio signor, parlate.
Filiberto. Fatta ho la strada a piedi, son stanco, a dir il vero.
Berenice. Ehi, chi è di là? due sedie, (esce Filippino e reca le sedie)
Filiberto.   (Escir di pene io spero).
Berenice. (Se dichiararsi aspetta, or si lusinga invano).
(tira fuori la tabacchiera)
Filippino. (Affè, che ha la padrona la tabacchiera in mano).
(da sè, e parte)
Berenice. Che volevate dirmi?
Filiberto.   Da capo io tornerò
A dir quel che già dissi.
Berenice.   Quel che diceste il so.

  1. Ed. Zatta: E se non son peggior ecc.