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170 ATTO QUINTO
Col tempo e coll’ingegno averò, lo protesto,

Una conversazione di gente di buon sesto.
Ecco don Filiberto. Questi mi dà più intrico,
Ma vo’, senza sposarmi, ch’egli mi resti amico.

SCENA V.

Don Filiberto e la suddetta.

Filiberto. Eccomi un’altra volta a importunar madama.

Berenice. Voi qui arrivate in tempo che di parlarvi ho brama.
Filiberto. Di dar fine agli arcani cosa mi sembra onesta.
Berenice. Di terminar gli arcani ora opportuna è questa.
Filiberto. Il ciel sia ringraziato; son lieto, e mi consolo.
Vi spiegherete alfine.
Berenice.   Ma non però a voi solo.
Filiberto. Altri volete a parte?
Berenice.   Sì, della mia intenzione
Vo’ in testimonio unita la mia conversazione.
Filiberto. Questo è un torto novello.
Berenice.   Signor, voi v’ingannate.
In pubblico parlare perchè vi vergognate?
Filiberto. Arrossir non paventa chi ha massime d’onore.
Berenice. Dunque il celarsi al mondo è un manifesto errore.
Filiberto. Mettervi in soggezione potria qualche indiscreto.
Berenice. Saprò parlare in pubblico, qual parlerei in segreto.
Filiberto. Sì, donna Berenice, prevedo il mio destino.
Berenice. Che prevedete?
Filiberto.   Udite, se appunto io l’indovino.
Scegliere voi volete lo sposo in faccia mia,
E far sì ch’io lo sappia degli altri in compagnia,
Perchè de’ miei trasporti a ragion dubitate.
Berenice. E voi, così pensando, da cavalier pensate?
Se avessi ad altro oggetto diretti i pensier miei,
In pubblico a un insulto, signor, non vi esporrei.