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IL MEDICO OLANDESE 27
Guden.   Signor, vedo che invano

Per consigliar con voi partii sì da lontano.
Ed il veder ch’io sono sì poco consolato,
Creder mi fa che il male sia grave e disperato.
Bainer. Voi, che fin qua veniste pien di fantasmi rei,
Quale concetto avete finor de’ fatti miei?
Guden. Signor, tanto vi stimo, che fin dal settentrione
Venni a cercar da voi rimedio e direzione.
Moscovia, Danimarca, la Prussia, la Sassonia,
La Svezia, il mio paese natio, ch’è la Polonia,
E Inghilterra, che pochi lodar suol per costume,
Voi della medic’arte suol appellare il nume.
Volai sino in Olanda per monti, fiumi e valli,
Lenti pareanmi al corso i rapidi cavalli,
E tosto che le mura ho di Leiden vedute,
Dissi fra me giulivo: ecco la mia salute.
Bainer. E il moto salutevole sì poco vi ha giovato?
Guden. Ah signor, il mio male, lo veggo, è disperato.
Bainer. No, cerchiam la cagione, che misero vi rende;
Questa non vien dal corpo, dal spirito dipende.
All’esame, all’esame.
Guden.   Ora mi consolate.
Fatemi le ricerche dall’arte praticate.
Bainer. Dite, signor Polacco, come si sta d’amori?
Guden. Perchè non domandate se ho sete, se ho dolori?
(un poco mortificato)
Bainer. Non istudiai soltanto Ippocrate e Galeno.
Di medico son io filosofo non meno;
E di cento ammalati ricorsi all’arte mia,
Ottanta ne guarisce buona filosofia.
All’esame, all’esame. È amor che vi tormenta?
Guden. Signor, quella ch’io amava, miseramente è spenta.
Bainer. Quant’è che più non vive?
Guden.   La misera morì,
Poco pria ch’io giungessi a delirar così.