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372 ATTO SECONDO
Berto. Per voi, per tutti quelli che voi raccomandate,

In quel ch’io son capace, senz’altro comandate.
Anselmo. Una fanciulla giovane, da tutti abbandonata,
Sta per pericolare dai discoli insidiata;
Vorrebbe collocarsi, e pronta è l’occasione,
Ma senza un po’ di dote non pigliala il garzone.
Chiede cento zecchini: signor, se voi li date,
D’averla assicurata il mento acquistate.
Berto. È in occasion la giovane?
Anselmo.   Sì, certo, e perigliosa.
Berto. È bella?
Anselmo.   Sì, pur troppo; questa è la peggior cosa.
Berto. E vuol cento zecchini? Se bella esser si vanta,
Non può la sua bellezza valerne almen cinquanta?
Anselmo. Eh, quei che la bellezza apprezzano, son rari.
Al giorno d’oggidì vonn’essere danari.
E tante buone figlie, belle siccome è il sole,
Quando non han la dote, persona non le vuole.
Berto. Or sovvenir mi fate, parlando della dote,
Che preparar la deggio anch’io per la nipote;
E troppo liberale s’io son coi doni miei,
Forse il bisogno un giorno mi mancherà per lei.
Anselmo. Questo sospetto avaro nel vostro cuore è novo:
Il solito don Berto in voi più non ritrovo.
Veggo che qualche ingrato vi parla e vi consiglia,
E temo che il nemico non sia nella famiglia.
Per me più non ricerco; mi duole e mi confondo
Vedere affascinato voi pur dal tristo mondo.
Ed io che ho tanto fatto per voi senza interesse,
Potea temer che pari amor mi si rendesse?
A me sì vil danaro negar per carità?
Non vi credea capace di simile viltà.
Berto. Via, non andate in collera.
Anselmo.   In collera? perchè?
Quel che vi chiedo è forse un utile per me?