Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XIV.djvu/471

Da Wikisource.

LA VEDOVA SPIRITOSA 463


Placida. Volete che io ve la facci vedere?

Sigismondo. Se non fosse soverchio ardire.... Servitevi di tabacco. (offerendolo)

Placida. Quante volte ve l’ho da dire?....

Sigismondo. Avete ragione. Sono un pazzo. Lo so che non ne prendete, non ve ne offerisco mai più.

Placida. Veggo mia sorella passar per quella stanza, volete che la chiami?

Sigismondo. Mi farete piacere.

Placida. Ehi. (chiamando)

Paoluccio. Signora.

Placida. Di’ a donna Luigia, che favorisca di venir qui.

Paoluccio. Vado subito per obbedirla. (parte)

Sigismondo. (Mostra di dire qualche cosa tra se medemo con astrazione, senza badare a donna Placida, poi tira fuori il taccuino, e vi scrive sopra col tocca lapis.)

Placida. (Eccolo lì, non si ricorda più nè meno ch’io vi sia).

Sigismondo. Quattro, e quattro otto, e sei quattordici, e sette ventuno. (scrivendo sul taccuino)

Placida. (Viene mia sorella, può essere che si risvegli).

SCENA XV.

Donna Luigia e detti.

Luigia. Son qui, sorella, che comandate?

Placida. Questo signore desidera di vedervi.

Sigismondo. Ventimila paoli fanno duemila scudi. (come sopra)

Luigia. Non mi bada nè meno. (a donna Placida)

Placida. Non lo sapete? è l’astratto.

Luigia. È una cosa veramente ridicola.

Placida. Per altro cosa vi pare del personale?

Luigia. Se devo dire la verità, mi piacerebbe più l’avvocato.

Placida. (Poverina, lo credo anch’io). Signore, non vi degnate nè meno di favorire? (a don Sigismondo)