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470 | ATTO SECONDO |
ficherei tutto me stesso. Sì, vuò darvi una prova della mia vera amicizia; sì, don Berto, son qui, nessuno ci sente, ve lo dico di cuore, donna Luigia vostra nepote....
SCENA V.
Don Isidoro e detti.
Isidoro. Don Berto, che si fa, che non si va a desinare?
Anselmo. (Che tu sia maladetto, poteva capitare in peggior tempo di questo?)
Berto. Se vi pare che sia ora, andiamo.
Isidoro. Suonato è il mezzogiorno, ch’è un pezzo.
Berto. Andiamo dunque. (ad Anselmo)
Anselmo. Abbiamo prima da terminare questo interesse. (a don Berto)
Berto. Abbiamo un interesse da terminare. (a don Isidoro)
Isidoro. Le pernici son cotte, il pane è arrostito in modo, che pare nello spiedo un pezzo di zuccaro candito. Se non si mangia in punto, perde in gran parte la sua bontà, e sarebbe un peccato che andasse a male una cosa così preziosa.
Berto. Andiamo, che parleremo quando avremo pranzato.
Anselmo. Vi pare che per la gola s’abbino da trascurare i propri interessi? (a don Isidoro)
Isidoro. Ma quel pane abbrustolato mi sta sul cuore.
SCENA VI.
Paoluccio e detti.
Paoluccio. Signore, un altro forestiere ha domandato di donna Placida; sono prima venuto a dirlo a vossignoria, come mi ha comandato. (a don Berto)
Isidoro. Adesso non si riceve nessuno.
Berto. Non si riceve nessuno.
Isidoro. Presto, licenzia il forastiere, e che si porti in tavola.
Paoluccio. Comanda ella, signore? (a don Berto)