Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu/473

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in Lei qualche cosa da apprendere e da imitare, innamorandosi taluno del di Lei sapere, altri della soavità del suo tratto, ed altri della sua virtuosa moderazione. Dicami Ella, per carità. La conosco, o non La conosco? Ah, non vorrei che la Sua modestia mi rispondesse. Dubito ch’Ella mi dica che no. Ma poi considero che anche la modestia è virtù, e le virtù non mentiscono, e può bene un virtuoso contegno cercar di nascondere i pregj Suoi, ma non può negar di manifestarsi, laddove trattasi di confessare la verità.

Sì, Ornatissima Dama, La conosco, benché i’ non l’abbia veduta, e la venero, benché lontana, e mi valgo di un certo ardire poetico, che può passar per coraggio, per onorare i miei fogli col di Lei nome, ed offerirle in una delle mie opere la mia servitù, il mio rispetto, la mia ammirazione.

Dissi a principio che Ella pur mi conosce, ma non so quanto possa di ciò gloriarmi. Ella mi conosce per la lettura delle opere mie, e il di Lei finissimo discernimento avrà rilevato ch’io sono un uomo che ha principiato a scrivere per inclinazione, e ha proseguito per abito. Avrà Ella scoperto che tutte le opere della mia mano non sono state dettate dallo stesso spirito dominatore, ma qualche volta hanno servito alla necessità e alla violenza. So con chi parlo, ne occorre che su di ciò mi diffonda; per questa parte Ella mi conosce benissimo. Vorrei che Ella in me ravvisasse ora da quest’ardita mia lettera, ch’io sono innamorato del merito sì fieramente, che ho la temerità di attaccarlo, dov’io lo trovi, non per deprimerlo com’altri fanno, ma per vagheggiarlo, per onorarlo, per imitarlo, se fia possibile. Benedetti sien quelli che mi hanno del di Lei merito sì lungamente parlato. Mi hanno acceso di desiderio di conoscerla da vicino, ma se la sorte, anziché accostarmi alla di Lei patria, mi vuol portare di là dai monti e differirmi un sì bel piacere, ho presa in mano arditamente la penna, ed ho arrischiata una lettera con cui non intendo di dedicarle un’opera troppo imperfetta, ma un cuore umile, rispettoso, ammiratore, sincero.

Che avverrà mai di questa mia ossequiosa, tenuissima offerta? Mi ricordo che tra le infinite doti del di Lei animo, decantata