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L'AUTORE

A CHI LEGGE1.


S

’EGLI è vero, come è verissimo, che le Commedie abbiano a servire d’istruzione e di giovamento al pubblico, questa lo dovrebbe essere certamente. Tutti quelli che sono, o che si credono ricchi, vengono comunemente insidiati, e col pretesto di buona amicizia, di opportuni consigli, o d’interessatezza ne’ loro piaceri, lor vengono tesi i lacci, e inavvedutamente vi cadono. L’adulazione, l’ipocrisia, l’artifizio prendono di mira principalmente coloro che meglio possono contribuire ai loro disegni, ed è cosa salutare e santissima lo smascherarli, e prevenire il cuore di quelli che sono più disposti alla compassione e alla buona fede.

L’intenzione mia non può essere migliore, e se non ho trattato l’argomento tanto bene, quanto ho desiderato trattarlo, sarà difetto di abilità, non di animo. Non ho voluto sottrarre dal sospetto d’insidiatori nemmeno i più congiunti di sangue. So di certo che ve ne sono, e che sono i men conosciuti, io non intendo di screditare la carità, di limitar le opere buone, di porre in ridicolo la compassione, ma intendo soltanto d’insinuare la massima di non creder tutto, e di non credere a tutti; e specialmente di non credere a quelli che si vogliono insinuare con cattivi principi, poco onesti, o troppo piacevoli; ne a quelli che ai consigli e alle insinuazioni vi framischiano il proprio interesse. I veri amici sono pochi, le persone oneste non abbondano troppo; il bisogno è grande, e le arti son molte. Se alcuna ne avrò scoperta, se alcuno resterà illuminato, sarà felice la mia Commedia, avrò ottenuto il prezzo dell’opera, e in grazia di un tal profìtto mi saranno forse perdonati i mancamenti dell’arte, le imperfezioni dei versi, e lo stile disadorno ed incolto.

  1. Questa prefazione fu stampata in testa alla commedia nel t. VII (1761) dell’ed. Pitteri di Venezia.