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LE DONNE DI BUON UMORE 213


Darotea. Via mettetevi a sedere, obbedite. (a Pasquina)

Pasquina. Questa sera, signora madre, ci torneremo al festino?

Costanza. Noi ci andiamo, conducetela ancora lei.

Dorotea. Sì, volentieri. Sapete che io non ballo, ma mi diverto a vedere; mi piace star a osservare le belle scene.

Felicita. Eh già; chi non balla, sta lì a segnar le caccie, e a sindicare sui fatti altrui.

Dorotea. Ieri sera, ho veduto delle gran cose. Avete osservato la signora Lucrezia, che abiti, che gioje! Io non so come faccia.

Pasquina. E con tutti i suoi abiti e le sue gioje balla così male, che non si può far peggio.

Dorotea. Eh, se non balla bene, che serve? Sa ben fare la graziosa, e tutta la conversazione era intorno di lei.

Costanza. Propriamente mi aveva stomacata con quei complimenti affettati.

Felicita. E pur, quando parla, tutti stanno a bocca aperta a sentirla.

Pasquina. Se ne burlano.

Costanza. La corbellano.

Dorotea. Non fa ella propriamente crepar di ridere? Osservate com’ella fa. (caricata) Divotissima, obbligatissima; si accomodi qui, favorisca di qua. Per ora non ballo. Sono un poco stanchetta. Mi favorisca il ventaglio; obbligatissima alle sue grazie.

Costanza. Brava, brava da vero. È proprio la sua medesima caricatura.

Felicita. E cosa dite della signora Fulgenzia, che stava ritirata nel canton della sala?

Dorotea. Oh quella poi, mi capite... lo saprete.... aveva vicino.... già mi capite....

Felicita. Sì; so ogni cosa.

Dorotea. E voi? (a Costanza)

Costanza. Raccontatemi.

Pasquina. Ci è qualche novità della signora Fulgenzia? Si è forse fatta la sposa? (a Dorotea)

Dorotea. Statevi zitta, che voi non ci entrate. (a Pasquina) Era vicino di lei quell’amico....