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232 ATTO SECONDO


Leonardo. Ed io pover’uomo, all’alba in piedi. Tutto il giorno al negozio, e a un’ora di notte in letto.

Mariuccia. Volete che ve la dica? Siete un uomo di stucco.

Leonardo. Signora Mariuccia, vi prendete un poco troppo di libertà.

Mariuccia. Oh, io son una che parla schietto. Quando voglio bene a uno, parlo col cuore in bocca.

Leonardo. Che! Mi volete voi bene?

Mariuccia. Lo mettereste in dubbio? Se così non fosse, non lo direi.

Leonardo. Cara Mariuccia, vi ringrazio della bontà che avete per me; ma pensate che io sono ammogliato, e che voi siete ancora zitella.

Mariuccia. Eh! Non si può voler bene senza malizia. Non crediate già, che io lo dica per qualche cosa di male. Vi amo, come se foste mio padre; mi parete un buon uomo, e non so dire che cosa non farei per la vostra persona.

Leonardo. (Mi par di buon cuore. Se fosse così mia moglie, felice me!) (da sè)

Mariuccia. (Non ci penso un fico di lui. Ma se posso, voglio far disperare sua moglie). (da sè) Perchè non venite a ritrovarmi più spesso?

Leonardo. Ci verrei volentieri, ma ho delle faccende non poche; son solo in casa, e mi conviene tirar la carretta.

Mariuccia. E la moglie a spasso.

Leonardo. E la moglie a spasso.

Mariuccia. E spende, e giuoca, e butta via i danari miseramente.

Leonardo. E se io spendo un testone, grida, strepita, e mi salta agli occhi.

Mariuccia. In verità, non faccio per dire, ma siete un gran bernardone.

Leonardo. Ma voi mi strapazzate.

Mariuccia. Vi parlo così per amore. Quando voglio bene, non mi posso tenere.

Leonardo. Basta, vorrei che venisse questa cara mia moglie.

Mariuccia. Cosa vorreste da lei?