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242 ATTO SECONDO


Battistino. Non mi terrebbero le catene. (fugge di mano alle due donne, e nell'andarsene impetuosamente, urta nel tavolino, lo rovescia, ed il signor Luca cade per terra. Battistino parte.)

Luca. Cos’è stato? (per terra)

Costanza. Signor padre. (aiutandolo)

Luca. Ahi. (alzandosi)

Costanza. Si è fatto male?

Luca. Che?

Costanza. Gli duole in nessuna parte?

Luca. Mi ero un poco addormentato, e non so come sia caduto. Lo sapete voi come sia caduto?

Costanza. Non so niente.

Luca. Che dite?

Felicita. Sarà stato il gatto. (forte assai)

Luca. Il gatto? Che ti venga la peste. Che non vada a mangiar lo stufato. Chi è questa? (a Costanza)

Felicita. Non mi conoscete?

Luca. Che?

Costanza. È la signora Felicita.

Luca. Sia maledetto quel gatto. Era tanto che non mi tormentava la sciatica: pare ora che mi si sia risvegliata. Cosa dite? (a Costanza)

Costanza. Non dico niente. (sorridendo)

Luca. Cosa c’è? (a Felicita)

Felicita. Non parlo.

Luca. Ridete eh, frasconcelle? Si burlano i poveri vecchi. Mi duole, e ancora mi burlano. Eh, se vivesse tua madre, mi anderebbe subito a fare un bagno. Pazienza. Insolente, non star a corbellare tuo padre. (adirato, a Costanza che sorride) Cosa dite? (a Felicita, che non parla)

Felicita. Ma se non parlo.

Luca. Guardate che bella grazia! Ancora voi verrete vecchie, se non creperete presto. Gli uomini, ancorchè vecchi, si stimano qualche cosa: ma voi altre donne, quando siete vecchie, siete solo buone da far teriaca. (parte zoppicando)