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292 ATTO PRIMO
Brama che la Marchesa sappia il mistero almeno.

Brama una conferenza con lei segretamente;
Sia di notte, o di giorno, il tempo è indifferente.
Basta che si solleciti; e tosto in sul momento,
Mi dà i dieci zecchini, ed io ve li presento.
Prosdocimo. Non vuol altro che questo?
Fernando.   Altro da voi non vuole.
Prosdocimo. Signor, mi maraviglio, io non vendo parole.
Per parlare a una donna mi vuol pagar? Cospetto!
Sel mel dicesse in faccia, gli perderei il rispetto.
Parlerò alla Marchesa, e colla serva ancora;
Procurerò che accordisi per visitarla un’ora.
Accetterò i zecchini ch’egli offerisce a me,
Non per queste freddure; vi dirò io perchè.
Perch’egli allora quando a conferir sen vada,
Io di far mi esibisco la guardia in sulla strada.
E se alcuno volesse sturbar la conferenza,
Sia chi esser si voglia, l’ammazzo di presenza.
Questo è quel che si paga. Un galantuomo io sono;
Vendo i fatti soltanto, e le parole io dono. (parte)

SCENA II.

Don Fernando solo.

Il poltrone conosco, comprendo i vanti sui,

Ma in un simile incontro, bisogno ho anch’io di lui.
Parli pur per il Conte; quest’invenzion mi giova,
Il cuor della Marchesa per mettere alla prova.
S’ella condiscendente si vuol mostrar col Conte,
Posso sperare anch’io, posso scoprir la fronte;
E arrendersi potrebbe a un uom che un giorno ha amato,
Pria che a me, che il mio foco ancor non le ho svelato.
Ma, cuor mio, che pretendi da lei, che d’altri è sposa?
Ah lo veggo pur troppo, la fiamma è perigliosa.