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I MORBINOSI 375
Lelio. Anch’io fra i cento e venti ebbi il grazioso invito.

Giacometto. Tuta nostra fortuna.
Lelio.   Son io il favorito.
Ehi, ci son donne?
Felippo.   oibò.
Giacometto.   Done no ghe ne xe.
Andreetta. Mo no xelo un matezzo? (a Lelio)
Lelio.   Pare così anche a me.
Felippo. La me creda, signor, staremo meggio assae.
Con tropa morbidezza le voi esser tratae.
Sta cossa ghe fa mal, st’altra no la ghe piase.
Cusì da nostra posta se goderemo in pase.
Andreetta. La ne fazza l’onor de dirne chi la xe. (a Lelio)
Lelio. Io sono un galantuomo; son cognito al caffè.
Sto vicino alla Piazza. Lelio dal Sol mi chiamo.
Viaggio per divertirmi, e l’allegria sol bramo.
Giacometto. Bravo; cussì me piase.
Felippo.   Viva pur l’allegria.
Andreetta. Un zorno malinconico no son sta in vita mia.

SCENA IV.

Arriva un’altra gondola con dentro il signor Ottavio.

Giacometto. Vardè là un’altra gondola.

Andreetta.   Sior Ottavio el me par.
Felippo. Sì ben, l’è giusto èlo.
Andreetta.   Andemolo a incontrar.
(si accostano alla riva)
Lelio. Quel diavolo d’Ottavio certo ha una gran fortuna.
Ha cento donne intorno; io non ne trovo alcuna.
Ho piacere davvero, che oggi ne siamo senza.
(Se mi facesse stare, non avrei sofferenza). (da sè)
Ottavio. Ah ci siete ancor voi? (a Lelio, con allegria)