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50 ATTO TERZO
Solo donna Felicita sa tutto il vostro stato,

Sa fin l’ultimo soldo che avete ereditato.
Come di cosa propria di voi parla e ragiona,
E vien sugli occhi miei con aria da padrona.
Un po’ più di prudenza sperai che usar volesse,
Si vede che la sprona un sordido interesse.
Ella ostenta col labbro amor solo apparente,
Amor da quel del sangue lontano e differente.
V’inganna, vi tradisce chi più di me s’impegna,
Ma son da voi sprezzata, e l’amor mio si sdegna.
Non ho per l’interesse cieco trasporto insano,
Solo mi reca pena il perdere un germano.
Conte. Non so che dir; non siete la sola, che in sospetto
Pone donna Felicita di un simulato affetto.
Lo stesso un buon amico a replicar mi viene.
Livia. Parlerà com’io parlo, ciascun che vi vuol bene.
Conte. Ma in dubbio di tal cosa, abbandonar dovrei
La giovane bennata, dopo gl’impegni miei?
Livia. Prometteste sposarla? Un cavalier bennato
Senza dirlo ai congiunti puot’essersi impegnato?
Conte. Non diedi a lei parola, non feci alcun contratto.
Ma ho mille obbligazioni al ben ch’ella mi ha fatto.
Livia. Io vi consiglierei di terminare il gioco.
Codeste obbligazioni si pagano con poco.
Non vi sagrificate con una donna altera,
Che anche senza alcun titolo, parla, dispone e impera;
E che così facendo, da voi disciolta ancora,
Di lei, se la sposaste, schiavo sareste allora.
Fidatevi di tutti, ma fino a un certo segno:
Fidatevi di quelli che hanno un più sacro impegno.
Di me, del sangue vostro, e di quell’onorato
Cavalier, ch’esser deve un dì vostro cognato.
Conte. Don Emilio, il confesso, è un cavalier di stima.
Ma anzi che consigliarvi, dovea parlarmi in prima.