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PAMELA MARITATA 125

Pamela. Sì, caro sposo, che mi comandate?

Bonfil. Ho risoluto di compiacervi.

Pamela. Voi non istudiate che a caricarmi di benefizi e di grazie. In che pensate ora di compiacermi?

Bonfil. Da qui a due ore noi partiremo per la contea di Lincoln.

Pamela. Da qui a due ore? (con meraviglia e sospensione)

Bonfil. Sì, preparate qualche cosa per vostro uso, al resto lasciate pensare a madama Jevre.

Pamela. (Oimè, non si ricorda più di mio padre). (da sè)

Bonfil. (Si turba. Pare che le dispiaccia). (da sè)

Pamela. Signore...

Bonfil. Siete voi pentita di cambiar la città nella villa?

Pamela. Farò sempre quel che mi comandate di fare. (mesta)

Bonfil. (Mi mette in sospetto). (da sè)

Pamela. (Non ho coraggio d’importunarlo). (da sè)

Bonfil. Pamela, che novità è questa? I giorni passati Londra vi dispiaceva; ora non avete cuore d’abbandonarla1?

Pamela. Se così vi piace, andiamo.

Bonfil. Io non bramo di andarvi, che per piacer vostro.

Pamela. Vi ringrazio di tanta bontà.

Bonfil. Mi sorprende questa vostra freddezza.

Pamela. Compatitemi. Ho il cuore angustiato.

Bonfil. Perchè, Miledi2? (con un poco di sdegno)

Pamela. Per cagion di mio padre.

Bonfil. Per vostro padre eh?

Pamela. Sì, Milord, mi dispiacerebbe lasciarlo.

Bonfil. Che cosa può mancare in mia casa alle occorrenze di vostro padre?

Pamela. Gli manca il meglio, se gli manca la libertà.

Bonfil. Questa per ora gli è differita.

Pamela. Lo so pur troppo.

Bonfil. Chi ve l’ha detto?

Pamela. Milord Artur.

  1. L’ed. cit. aggiunge: «P. Se così vi piace, andiamo. B. Io non bramo di andarvi che per piacer vostro. P. Vi ringrazio ecc.»
  2. Ed. c.: Signora.