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158 ATTO TERZO

Ernold. Desidero consolarvi.

Pamela. Sarà difficile.

Ernold. Pare a voi, ch’io non sia capace di consolare una bella donna?

Pamela. Potreste farlo con altre; con me lo credo impossibile.

Ernold. Eppure mi lusingo riuscirne. Io non sono un uomo di uno spirito limitato, non sono uno di quelli che camminar non sanno che per una sola strada. Ho viaggiato assai, e ho imparato molto. Nel caso in cui vi trovate, non occorre disputare se è, o se non è, quel che si dice di voi. Di queste cose, meno che se ne parla, è meglio. Se anche non fosse vero, il mondo suol credere il peggio, e l’onore resta sempre pregiudicato. Io non vi consiglio insistere contro l’animo guasto di milord Bonfil. Chi non vi vuol, non vi merita. Se un marito vi lascia, pensate ad assicurarvene un altro. Se lo trovate, la riputazione è in sicuro.

Pamela. E chi credete voi che in un caso tale si abbasserebbe a sposarmi?

Ernold. Milord Artur probabilmente non saprebbe dire di no.

Pamela. Pria di sposare milord Artur, mi darei la morte da me medesima.

Ernold. E pure mi sento portato a credervi; e la fede che principio avere di voi, mi desta a maggior compassione. Dalla compassione potrebbe nascer l’amore, e se quest’amore mi accendesse il petto per voi, e se vi esibissi di rimediare alle vostre disgrazie colla mia mano, ricusereste voi di accettada?

Pamela. Volete che vi risponda con libertà?

Ernold. Sì, parlatemi schiettamente1.

Pamela. La ricuserei assolutamente2.

Ernold. Ricusereste voi la mia mano?

Pamela. Sì certo.

Ernold. Questa sciocca dichiarazione vi leva tutto il merito che voi avete. (con (isdegno)

  1. Ed. cit.: schietto.
  2. Segue nella cit. ed.: «Cavaliere. Quest’ardita dichiarazione vi caratterizza per una pazza. Pamela. Rispettate una dama, con foco. C. Le sciocche non esiggono maggior rispetto, con forza.».