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162 ATTO TERZO

Longman. Sì, signore. (come sopra)

Bonfil. Che avete, che par che vi cadan le lagrime1?

Longman. Niente. (come sopra)

Bonfil. Voglio saperlo.

Longman. Ho veduto piangere la povera mia padrona; compatitemi, non mi so trattenere2.

Bonfil. Andate. Introducete quell’uffiziale.

Longman. Sì, signore. (Ha il cuore di marmo3). (parte)

SCENA XV.

Milord Bonfil poi monsieur Majer,
poi monsieur Longman.

Bonfil. Se le lagrime di Pamela fossero veramente sincere... Ma no, sono troppo sospette.

Majer. Milord. (salutandolo)

Bonfil. Accomodatevi. (salutandolo, e siedono)

Majer. A voi mi manda il segretario di stato.

Bonfil. Io era appunto incamminato da lui. Trovai per istrada chi mi avvisò della vostra venuta. Tornai indietro per aver l’onor di vedervi, e per udire i comandi del reale ministro.

Majer. Egli mi ha qui diretto per darvi un testimonio della sua stima e della più sincera amicizia.

Bonfil. Vi è qualche novità toccante l’affare del conte di Auspingh?

Majer. Non saprei dirvelo. (Convienmi per ora dissimular di saperlo), (da sè)

Bonfil. Sapete voi che un vecchio Scozzese siasi presentato al ministro, o all’appartamento del Re?

Majer. Parmi di averlo veduto. Ma non ve ne saprei render conto. (Non è ancor tempo). (da sè)

Bonfil. Che avete a comandarmi in nome del segretario di stato?

  1. Ed. cit.: Che hai che par che tu pianga?
  2. Ed. cit.: «quella povera figliuola della padrona, e mi fa tanta compassione, piange. Bonifl. Vanne, vanne. Introduci ecc.»,
  3. Ed. cit.: Ha il cuore fatto di travertino.