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L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE 221

Pasqualino. Comandi. (sorridendo)

Tognina. Anche ora ridete?

Pasqualino. Rido, perchè voi sapete quanto bene vi voglio, e fingete di dubitarne.

Tognina. Sguaiataccio!

Pasqualino. Ma voi...

Tognina. Via, via, meno ciarle.

Pasqualino. Io non posso soffrire...

Tognina. Tacete, vi dico. Ho da parlarvi.

Pasqualino. Dite pure; vi ascolto.

Tognina. Meritereste che io facessi di voi quel caso che voi fate di me, e che in un’occasione simile mi vendicassi della vostra poca attenzione.

Pasqualino. Di che potete dolervi di me? Se io....

Tognina. Finiamola. Siete ancora impegnato? Avete fatto scrittura con qualche teatro?

Pasqualino. Questo è un torto che voi mi fate. Prima ch’io mi impegnassi, voi lo sapreste.

Tognina. Posso credervi?

Pasqualino. Voi mi fareste dare al diavolo.

Tognina. Sentite. Voglio farvi una confidenza. Ho promesso di non parlare; ma al mio Pasqualino non posso niente tener nascosto: promettetemi però, e giuratemi, di non dir niente a nessuno.

Pasqualino. Ve lo prometto, e potete esser sicura della mia parola.

Tognina. Il conte Lasca è venuto a farmi una visita, e mi ha detto in confidenza, e colla maggior segretezza del mondo, che è venuto in capo ad un Turco di formar una compagnia per le Smirne; che è ricco, che ci farà delle condizioni avvantaggiosissime, che io sono la prima a saperlo, e che nessun altro l’ha da sapere.

Pasqualino. Finora, per quel ch’io sento, siamo in due a saperlo, poichè il signor Conte ha fatto a me pure la medesima confidenza.