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L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE 265

Carluccio. Avete ragione. Voi non siete per fare l’ultima parte, lo vi sosterrò contro l’impresario e contro tutto il mondo; e se vorranno opporsi a quel ch’io dico e quel ch’io voglio, giuro da quel ch’io sono, manderò l’opera a terra.

SCENA IV.

Tognina da viaggio con un cane in braccio ed uno legato con una cordicella, Pasqualino con varie scatole e fagotti; e detti.

Tognina. Eccomi. Dov’è l’illustrissima signora prima donna? Sono stata ben pazza io a venire prima di lei. Questa gran signora vuol farsi aspettare. Dov’è l’impresario? Dov’è Nibio? Dove sono i quattrini?

Maccario. L’impresario non c’è, e Nibio non si vede.

Tognina. Che impertinenza! Non mi hanno nè meno mandato la gondola. Per la gran paga che mi danno! Per venir qui ho dovuto spendere trenta soldi del mio.

Pasqualino. Via, per trenta soldi non vi fate scorgere.

Tognina. Tacete voi, e badate alle mie scatole.

Carluccio. Che cosa vuol dir questo, signora? Voi non fate da prima donna? 1(a Tognina)

Tognina. Che dite eh? Il bel conto che si fa in oggi del merito. Quest’impresario selvatico, quel caro signor conte Lasca, mi hanno fatto questo torto per causa di quella sguaiata.

Carluccio. Per la Fiorentina?

Tognina. Signor sì. Per quella gioia. Mi vien voglia di stracciar la scrittura.

Carluccio. Non temete niente. Troverò io la maniera di umiliarla e di escludeda. Dirò ch’io non voglio cantar con lei.

Tognina. Se vi è qualche duetto, sapete quel ch’io so fare. Se lo cantiamo insieme, faremo innamorar tutto il mondo.

  1. Nelle vecchie edizioni c’è il punto fermo.