Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/29

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GL'INNAMORATI 21

Eugenia. Io non le porto odio; ma non la posso vedere.

Flamminia. Eppure ella vi ha fatto delle finezze.

Eugenia. Si tenga le sue finezze; meno che io la vedo, sto meglio.

Flamminia. Che cosa vi siete cacciata in testa? Che Fulgenzio sia impazzito per la cognata? Sapete pure ch’egli la serve e l’assiste, perchè gli fu raccomandata da suo fratello.

Eugenia. Sì, va bene, ma che bisogno c’è ch’egli vada a spasso con lei, e pianti me qui sola, come una bestia?

Flamminia. Orsù, signora sorella, io vi consiglio, per vostro meglio, abbandonare ogni cattivo pensiere, e di questa donna vi prego a non ne parlare.

Eugenia. Oh sì, vi prometto di non parlarne mai più.

Flamminia. Se lo farete, farete bene. Ma torno a dire, io dubito che il signor Fulgenzio per oggi almeno non si lasci vedere.

Eugenia. Possibile? non è mai stato un giorno senza venire.

Flamminia. Se non forse in collera, a quest’ora forse sarebbe venuto.

Eugenia. Anzi l’aveva detto di venire questa mattina.

Flamminia. Oh, non viene assolutamente.

Eugenia. Quasi, quasi, gli manderei a dir qualche cosa.

Flamminia. Vi dispiace, eh, che non venga?

Eugenia. Sicuro che me ne dispiace. Gli voglio bene davvero.

Flamminia. E sempre lo disgustate.

Eugenia. Ho questo temperamento. Per altro lo sa che gli voglio bene.

Flamminia. Un poco più d’umiltà, sorella.

Eugenia. E voi tenete sempre da lui1

Flamminia. Io tengo dalla ragione. (Guai se non facessi così; è una vipera). (da sè)

Eugenia. Chi viene?

Flamminia. E il servitore del signor Fulgenzio.

Eugenia. Non ve l’ho detto? Quanto credete che sia lontano il padrone?

  1. Così nel testo a stampa. Meglio fosse: Eh, voi tenete ecc.