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Annina.   Con so bona licenza. (siede)

Carluccio. (Ella seduta, io in piedi? Quest’è un’impertinenza).
(si prende una sedia, e si mette a sedere con sprezzatura)
Alì. Dir mi to nome. (ad Annina)
Annina.   Annina.
Alì.   Dove star to paese?
Annina. Bulogna.
Alì.   Mi piaser to grazia bolognese.
Star brava?
Annina.   An sta me a direi; a’ son zovne d’età,
Ma al le sa al sgner Nibi, se ai ho di’abilità.
Nibbio. È una brava ragazza; vel posso assicurar.
Alì. Se star brava e star bella, far tutti innamorar.
Carluccio. Sì, la signora Annina canta ben, così è,
Ma non è virtuosa da mettersi con me.
Alì. Cosa entrar ti parlar? Ti musico, taser. (a Carluccio)
To graziosa maniera, tanto per mi piaser.
(dolce, ad Annina)
Annina. Oh, l’è la so buntà.
Alì.   Quanto voler per paga?
Annina. (Cancher? sai pias da bon, a vui far ch’al me paga).
Me son zovna discreta; ma s’as tratta d’andar
In tun pajeis luntan, e qual ch’è piz, per mar.
De cinquecent zecchini è la mi pretension,
E ne farem negotta, s’ai manca un bagaron.
Carluccio. Queste sono le paghe dei musici meschini;
io se vengo alle Smirne, voglio mille zecchini.
Alì. De ti per trenta soldi mi che far no saver.
A bella virtuosa tutto quel che voler.
Carluccio. (Nibbio, mi raccomando. Il Turco non sa niente;
Ditegli voi ch’io sono un musico eccellente.
Fate ch’egli mi prenda, e darvi mi contento
Della paga accordata un dodici per cento).
Nibbio. Signor, se voi volete la compagnia formare,
Un musico soprano è forza di pigliare.