Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/334

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Spiacemi del maestro; ci va della sua stima,

Se non mi vede il mondo a recitar da prima.
Che direbbe la patria, il padre, i miei parenti?
Tutti per tal disordine sarebbero scontenti.
La professione istessa, che sostener si debbe,
Se avvilir mi volessi, di me cosa direbbe?
Queste signore istesse, che ascoltanmi ridendo,
Cosa di me diranno, se al vostro dir mi arrendo?
Gradisco il vostro bene, parlo sinceramente,
Se ho l’onor di servirvi, o prima donna, o niente.
(parte)
Tonina. Alo sentio el sermon? dasseno el compatisso;
Semo tutte compagne. Patron, lo reverisso.
Andemo, Pasqualin. (parte)
Pasqualino.   Servitor riverente.
(Si può dir l’impresario un povero paziente). (parte)
Annina. (Incantà, immatunè, l’è restà lè al tandan).
Ehi, sgner impresari, ai faz un basaman. (parte)
Alì. Oh maledetto el ponto, che a mi venir in testa
Opera per le Smirne. Desperazion star questa.
Ma in impegno mi star. Scritto aver mio paese.
Ordine aver manda per far teatro e spese.
Donne, che testa aver? Voler mi far crepar?

SCENA IX.

Nibbio, Maccario e detti.

Nibbio. Signor, son qua venuto...

Alì.   Andar ti far squartar.
Nibbio. Cos’avete con me?
Alì.   No trovar donne al mondo.
Che voler far in scena carattere secondo.
Nibbio. Sì, ne ritroveremo, non vi mettete in pena:
Di donne da teatro tutta la terra è piena.