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LA GUERRA 389

Aspasia. Poverina! il vostro cuore è diviso. Mezzo l’avete qui, e mezzo nella fortezza.

Florida. Voi mi rimproverate l’amore per don Faustino. È vero, amo questo giovane cavaliere. La divisa ch’ei porta di mio nemico, dovrebbe far ch’io l’odiassi; ma le adorabili sue qualità mi hanno penetrato, ad onta d’ogni difesa. Conto per mia fortuna, che il genitore vostro, commissario di guerra, prendendo in casa mia il suo quartiere, mi abbia resa men dura la carcere colla vostra amabile compagnia.1 Col mezzo vostro s’introdusse qui don Faustino. I suoi begli occhi, le sue dolci parole, la compassione che mi mostrò de’ miei casi, in dieci giorni mi hanno assoggettato ad amarlo. Mi lusingava il crudele, non so se per deridermi, o per consolarmi, che la pace vicina avrebbe troncato il filo de’ miei timori, e rivedendo libero il padre, avrei potuto sperare un amico alla patria nel mio più tenero amante. Ma oh Dio! tutto al contrario. La guerra più che mai inferocisce, la piazza è battuta, la breccia è aperta, e trattasi ora di volerla prendere per assalto. Tremo al pericolo di mio padre; tremo, ve lo confesso, per quello ancor dell’amante; e il cuore combattuto da due passioni prova in se stesso i fieri colpi delle due armate nemiche, e chiunque vinca, e chiunque perda, mi rende orribile niente meno e la perdita e la vittoria.

Aspasia. Davvero vi compatisco. Non siete avvezza all’armata, e per ciò siete ancor suscettibile di ogni apprensione. Io che sono assuefatta da qualche tempo alla guerra, ho indurito il cuore per modo che più non sento passione alcuna. Saranno morti in battaglia più di cento uffiziali, che spasimavano per amor mio. Su le prime mi dispiaceva la perdita di qualcheduno, ora tanta specie mi fa sentir a dire: il tale è restato morto, come se mi dicessero, che ha perduto al gioco. In fatti la guerra non è altro che un gioco della fortuna. Salvo la direzione dei comandanti, e l’intrepidezza dei subalterni, in guerra viva

  1. Nelle edd. Pasquali. Zatta ecc. c’è qui una semplice virgola.