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398 ATTO SECONDO

Lisetta. Tre paoli.

Conte. Bene: vi darò tre paoli.

Lisetta. Eccole qui.

Conte. Sì, ma portatele al mio quartiere.

Lisetta. Marameo! (espressione caricata per dir di no)

Conte. Cosa vorreste dire?

Lisetta. Non ci vado io al quartiere d’un offiziale.

Conte. E per qual ragione?

Lisetta. Non vorrei che mi succedesse quello che è succeduto a mia madre.

Conte. E che cosa è accaduto a vostra madre?

Lisetta. Non lo so, non ci penso, e non ci voglio venire.

Conte. Quand’è così, tenetevi le vostre frutta.

Lisetta. Voglio i tre paoli.

Conte. Non vi voglio dar niente.

Lisetta. Guardate che bel tratto! Mi promette tre paoli, e non mi vuole dar niente. (piangendo)

Conte. (Costei fa l’innocente, ma la credo furba come il demonio).

Lisetta. Mi avete detto di darmi tre paoli delle mie frutta; intendo di averle vendute. Eccole qui, se non me le volete pagar, non importa. (piangendo getta il cesto colle frutta per terra)

Conte. Io non ricuso di darvi tre paoli, e sei, e dieci, e quanto volete, ma vorrei che foste più buona.

Lisetta. Io non sono cattiva. (rasserenandosi)

Conte. Che nome avete?

Lisetta. Lisetta.

Conte. Avete madre?

Lisetta. Signor sì.

Conte. Padre?

Lisetta. Poverino! mio padre è morto, ed è stata causa la guerra, che è morto. Ha tanto faticato a far legna per voi altri uffiziali, che è morto; e mi dovreste dare qualche cosa per mio padre, che è morto. (piangendo)

Conte. Via, vi darò tutto quel che volete; ma fatemi la finezza di tralasciare di piangere.