Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/440

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426 ATTO SECONDO

SCENA XII.

Don Sigismondo e detti.

Sigismondo. Amici, ecco il dispaccio regio, ecco la pubblicazion della pace. Lodo il vostro coraggio, ne darò parte al Sovrano, e sperar potete la ricompensa al vostro merito ed al vostro valore dovuta.

Faustino. (Il cielo ha secondato i miei voti).

Sigismondo. Don Fabio, sia vostra cura far ritirare i feriti, e sotterrare gli estinti.

Fabio. Saranno eseguiti gli ordini vostri. (parte)

Sigismondo. A voi, don Faustino, do l’onorevole incarico di recar i capitoli della pace al difensor valoroso della fortezza. (gli dà un foglio)

Faustino. (Oh comando per me felice! oh momento che mi ricolma di giubbilo e di contentezza!)
(Corre verso la Fortezza. Fa cenno col fazzoletto. Gli calano i ponti sopra la breccia, suonano sul Castello le trombe, ed egli entra.)

SCENA XIII.

Don Cirillo, don Polidoro e detti.

Cirillo. La pace. La pace; e viva la pace. (saltando)

Polidoro. Signor tenente, è fatta la pace? (al Conte)

Conte. Domandatelo al generale.

Polidoro. Eccellenza, perdoni, è seguita la pace? (a Sigismondo)

Sigismondo. Sì, la pace è conclusa.

Polidoro. Benissimo. (con un poco di dispiacere)

Sigismondo. Questo è il dispaccio che ha recato al campo la novità, ma nel dispaccio medesimo ve n’è un’altra, che risguarda voi solamente.

Polidoro. Benissimo. (confuso)

Sigismondo. Mi viene ordine dalla Corte di rimuovere la vostra persona dal posto di commissario, sostituendone un’altra.

Polidoro. Benissimo. (con gran dispiacere)