Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/46

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38 ATTO PRIMO

Fulgenzio. Eh signora Eugenia, ci conosciamo1.

Eugenia. Prenderete anche ciò in mala parte?

Fulgenzio. Ci conosciamo, vi dico, ci conosciamo.

Eugenia. Sì, ci conosciamo, e ci conosciamo.

Fulgenzio. Ma il mio servidore in casa vostra non ci verrà più.

Eugenia. Che importa a me, che ci venga nè il servitor, nè il padrone?

Fulgenzio. Eh già; queste sono le solite sue buone grazie.

Eugenia. Ha tabacco?

Fulgenzio. Se sono andato a far quattro passi con mia cognata...

Eugenia. Che cosa c’entra vostra cognata? che importa a me di vostra cognata?

Fulgenzio. So quel che dico; e non avrete più il divertimento di tirar giù quel balordo del mio servitore.

Eugenia. Mi maraviglio di voi, che parliate così. Vi torno a dire, non m’importa nè di lui, nè di voi.

Fulgenzio. Nè di me? non v’importa di me? nè di lui, nè di me? non ve n’importa? (passeggiando in giro con isdegno)

Eugenia. Fermatevi, che mi fate girar il capo.

Fulgenzio. Nè di lui, nè di me? (si dà un pugno nella testa)

Eugenia. Facciamo scene?

Fulgenzio. Nè di lui, nè di me? (si batte il capo a due mani)

Eugenia. Animo; finiamo queste sguaiaterie. (fra lo sdegno e l’amore)

Fulgenzio. Non posso più. (si abbandona sopra una sedia)

Eugenia. Avvertite che siete pazzo davvero.

Fulgenzio. Son pazzo, son pazzo? (seguita a battersi)

Eugenia. Non la volete finire? (con un poco di tenerezza)

Fulgenzio. Cagna! crudele!

Eugenia. Bell’amore! a ogni menoma cosa subito si sdegna, va in bestia, non può soffrir niente il signor delicato. Finalmente chi vuol bene ha da compatire; e ad una donna le si deve donar qualche cosa. Bella maniera da farsi amare!

Fulgenzio. Sì, avete ragione. (placato)

Eugenia. Ogni giorno siamo alle medesime.

  1. Nell’ed. Pasquali: conoschiamo.