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la figura più viva e più felicemente disegnata, dice bene pur l’imbronciato Landau (C. G., Beil. z. Allg. Zeitung, 1896, n. 52, 53). La lunga parlata ch’essa fa al suo futuro marito provoca però quest’appunto serio-faceto d’un altro critico tedesco, il Jacobs: «Il nostro poeta è grande amico delle conversioni. Talvolta gli basta un discorso a sradicare vecchi difetti e a produrre un totale cambiamento di inclinazioni» (C. G., Charaktere der vornebmsten Dichter. II, Lipsia, 1793, p. 50) «Fille au coeur sec et à l’esprit adroit» definisce Giacinta il Dejob e vi esercita intorno a lungo l’arguta sua critica (Les femmes dans la comèdie franç. et italienne au XVIII siècle, Paris, 1899, pp. 84-86). Atteggiamenti nuovi e un po’ inattesi di questa figura nelle Avventure e nel Ritorno richiameranno su di essa a tempo e luogo di nuovo la nostra attenzione.

Questa fu la prima commedia nuova della stagione 1761-1762. Della recita si legge un breve cenno nella Gazzetta veneta (1761, n. 69). Il numero seguente porta, ispirato dalle Smanie, questo sonetto del Vicini:

          Se ambiziosa Donna, Uomo imprudente,
               Se Parasito, se geloso Amante,
               Se femminea amistà pingi alla gente.
               Ch’altra nel core, ed altra è nel sembiante;
          E se sì folle usanza delirante
               Mordendo il lusso vai ridevolmente;
               Correggi con piacer la turba errante
               Che sferzata s’allegra, e a te pon mente.
          Oh come mai d’inaspettati sali
               Spargi eventi veraci; alma Natura
               In te trionfa e suo Pittor t’appella.
          E grida: o mio Goldon, tu assai più vali
               Di chi, sull’Arno colta ogni lordura,
               T’insulta invan, mentre mi fai sì bella.

E chiara nell’ultima terzina l’allusione al Gozzi. Il gazzettiere [Pietro Chiari] accompagna il sonetto con queste parole: «Ciò mostra che i Poeti italiani, quando siano veramente Poeti, non sono nimici».

«Fino a circa trent’anni fa» — scriveva nel 1911 Giulio Piazza — questa commedia «era ancora nel repertorio di moltissime compagnie italiane e anzi per qualche tempo ebbe l’ufficio di servire da beccamorto alle commedie nuove fischiate, sulle quali il pubblico faceva abbassare il velario prima dell’ultima scena. Quando una commedia nuova arrivava soltanto alla metà dell’atto secondo o giù di lì, le compagnie ripiegavano con Le smanie per la villeggiatura. Tutti gli attori la sapevano. Le palandrane e le parrucche goldoniane erano già preparate quando c’era nell’aria odor di burrasca» (artic. cit.). Non documenta la curiosa notizia il Piazza. All’indiscreta nostra curiosità non sarebbe stato discaro conoscere il titolo d’una o l’altra salma composta nella bara con fraterno cuore dalle Smanie. Contentiamoci di ricordare qualche recita per altre ragioni notevole. Una p. e. della Compagnia del Teatro Marsigh Rossi di Bologna l’anno 1783 annunciata così: «... la suddetta Comica Compagnia si farà un pregio d’obbedire alla universale Richiesta col replicare quelle tre fortunatissime Commedie del sig. dott. Carlo Goldoni, intitolate: