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LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA 141


Filippo. A bazzica?

Giacinta. Non c’è altra partita. Il signor Tognino non sa giocare che a bazzica.

Filippo. E non posso giocare con qualcun altro? Non posso giocare a picchetto col signor Ferdinando?

Sabina. Il signor Ferdinando è impegnato.

Filippo. Oh! questa è bella da galantuomo.

Rosina. Caro signor Filippo, non si degna di giocare col signor Tognino?

Filippo. Non occorr’altro. Andiamo a giocare a bazzica, (a Tognino)

Tognino. Avverta ch’io non gioco di più d’un soldo la partita.

Filippo. Sì, andiamo; giocheremo d’un soldo, (s’incammina al tavolino) Ehi! senti, va subito in cucina, e di’ al cuoco che si solleciti quanto può, e che, crudo o cotto, dia in tavola, (ad un servitore, che parte) (Figurarsi s’io voglio star qui un’ora a giocare a bazzica con questo ceppo!) (siede al tavolino con Tognino e giocano)

Vittoria. Mi pare che un addio stamane si poteva venire a darmelo. (a Guglielmo)

Guglielmo. Ma non vi ho detto, signora, che non sono uscito di casa?

Vittoria. Sì, è vero; state in casa assai volentieri. Io dubito che a questa casa siate un poco troppo attaccato.

Guglielmo. Non so con qual fondamento lo possiate dire.

Costanza. Ma, signori miei, si gioca o non si gioca?

Guglielmo. Ha ragione la signora Costanza.

Vittoria. (Or ora getto le carte in tavola).

Giacinta. (Vittoria, per quel ch’io sento, vuol far nascere delle) scene). (da sè)

Leonardo. Perchè non bada al suo gioco, signora Giacinta?

Rosina. Via, risponda. Ho giocato picche.

Giacinta. Taglio.

Rosina. Taglia? Se ha rifiutato a trionfo.

Leonardo. Non vuol che rifiuti? Non ha il cuore al gioco.

Giacinta. Fo il mio dovere. Sento che qualcheduno si lamenta, e non so di che.