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162 ATTO TERZO


Ferdinando. Si può avere questo rosolio?

Filippo. Quel giovane! La sapete anche voi la lezione? Lo sapete anche voi, ch’io ho da essere sempre l’ultimo? Se tutti si sono serviti, fatemi l’alto onore di darmi l’agro di cedro che vi ho domandato.

SCENA XII.

Paolino e detti.

Paolino. (Sì fa veder dal padrone.)

Leonardo. Ora vengo. (a Paolino, e s’alza) Scusatemi. Ho da dir qualche cosa al mio servitore. (a Giacinta, e si scosta)

Giacinta. Servitevi pure. (a Leonardo) (Pagherei non so quanto a poter sentire quel che dicono Guglielmo e Vittoria).

Ferdinando. Con permissione. (a Sabina, e s’alza)

Sabina. Dove andate? (a Ferdinando)

Ferdinando. Vengo subito. (va a sedere dov’era Leonardo)

Sabina. (Briccone! mi vuol bene, e mi fa centomila dispetti). (da sè)

Ferdinando. Oimè; non ne poteva più. (a Giacinta)

Giacinta. Mi maraviglio di voi, che abbiate ardire di corbellare mia zia. È vecchia, è semplice, ma è una donna civile. (a Ferdinando)

Ferdinando. Ma io, signora... (a Giacinta)

Giacinta. Tacete, che sarà meglio per voi.

Ferdinando. E così, signora Rosina, come vi divertite?

Rosina. Lasciatemi stare, che io non ho che fare con voi.

Ferdinando. (Ho capito. Qui non vi è da far bene). Eccomi qui con voi, la mia cara gioia. (siede presso Sabina)

Sabina. Meritereste ch’io non vi guardassi. Ma non ho cuore di farlo. (a Ferdinando)

Leonardo. (Sì, trovate qualcheduno che copi la lettera, o copiatela voi, e procurate di contraffare il carattere. Sigillatela, fate la soprascritta diretta a me; poi, quando siamo in casa del signor Filippo, sul punto di principiar la conversazione, venitemi a portar la lettera, come se da un uomo a posta mi fosse da Livorno spedita, e trovate un uomo che, instruito da voi, vaglia a sostener la finzione. Regolatevi poscia anche voi, secondo il contenuto della