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220 ATTO TERZO


venirti; sono a portata di vendicarmi. Vissi abbastanza. La mia età, le mie estreme disavventure non mi fanno desiderar più oltre di vivere; ma la memoria delle tue ingiustizie mi anima, mi sollecita a morir vendicato. No, non valerà a sottrarti dall’ira mia il posto che occupi nel Parlamento... Ma inavveduto ch’io sono! Milord Murrai non era egli del Parlamento sei anni sono, e molto prima ancora ch’egli ottenesse la mia rovina? Parlerà il foglio di qualcun altro della famiglia. Veggiamo. (legge) Ha preso luogo per la prima volta nel Parlamento il Lord Murrai, figlio del defunto Guglielmo. Ah! è morto dunque lo scellerato. Sì, pagato ha il tributo della natura, e quello delle sue ingiustizie. La morte ha prevenuto il colpo delle mie mani. Ma vive il figlio; sussiste ancora la viva immagine del mio avversario, e posso spargere di quel sangue che ha macchiato l’onore della mia famiglia. Sì, figlio indegno, pagherai tu la pena dei delitti del padre. Satollerò nel tuo seno la mia vendetta. Oh cieli!1 E la povera mia figliuola? Non ho io abbandonato l’America; non ho io accumulato co’ miei sudori dell’oro per l’unico fine di rivederla, di soccorrerla, di darle stato? Non son io venuto ad espormi al pericolo di essere riconosciuto e decapitato, per aver nuova di lei? Per penetrare in Iscozia, se fia possibile, e condurla meco nell’Indie? Ed ora mi compiaccio dello spirito di vendetta, abbandonando quell’infelice al deplorabile suo destino? Ah! il nome del mio nemico ha suscitato il mio sdegno. Deh! vaglia la memoria del sangue mio a disarmar le mie collere, ed a procurare la sua salvezza.

SCENA V.

Fabrizio e detto.

Fabrizio. Signore, ecco qui le chiavi; se non andava io, non si trovavano.

Conte. Andiamo. (s’alza) Ditemi: conoscete voi milord Murrai?

  1. Nell’ed. Zatta si legge soltanto: Oh!