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sostenere i caratteri serio-faceti, e specialmente quello di Freeport nella Scozzese, continuasse a rappresentare la commedia del Voltaire voltata in italiano dal Casanova, oppure quella del Goldoni, come ricorda Franc. Bartoli nelle Notizie istoriche de’ comici italiani (Padova, 1782, t. II). Un’altra versione assai fedele comparve a stampa l’anno 1762 nel primo tomo della Biblioteca teatrale italiana scelta da Ottaviano Diodati (Lucca, Gio. Della Valle): probabilmente dovuta alla penna dello stesso patrizio lucchese, che vi aggiunse in fine una scena, per mandare castigato e confuso il vile Frellone.

Ma torniamo al commediografo veneziano. Già il Merz, confrontando la Scozzese goldoniana col modello francese, notò quali scene togliesse via, quali conservasse e quali inventasse il Goldoni (36 erano nell’originale, diventarono 43 circa: C. G. in seiner Stellung zum französischen Lustspiel, Leipzig 1903, pp. 37-43). Ne soffersero i costumi e i caratteri inglesi: il Friport goldoniano, avverte Merz, è sempre il buon Pantalone, e Fabrizio è il loquace caffettiere italiano. Perfino La Cloche, osserva Dejob, che spia i segreti altrui non per malvagità «mais parce qu’ il se croit tenu d’honneur à débiter des nouvelles dans les sociétés» è un italiano di quel tempo (Les femmes dans la comédie da XVIIIe siecle, Paris, 1899, p. 365).

Certo il Goldoni, e spesso fece bene, sfrondò l’Ecossaise di ciò che recava in sè d’impronta volterriana, quasi per ridurla al tipo delle altre sue commedie inglesi e olandesi, ormai ben noto a noi e al vecchio pubblico delle lagune: nel qual gruppo tuttavia merita uno dei posti più umili. A detta del Rabany, il Goldoni non aveva capito la feroce satira di M. Voltaire: «Le bon Vénitien ne parait pas avoir compris grand’chose à cette satire cruelle, baclée en quelques jours pour clouer un ennemi au pilori de l’opinion. Il n’y vit qu’ un drame larmoyant à la façon de La Chaussée ou de Diderot et s’empressa de l’imiter, en supprimant d’ailleurs le personnage de Frélon» (C. Goldoni etc, Paris, 1896, p. 162). Per lo contrario un giudice più recente, Chatfield-Taylor, loda il Goldoni che grazie alla sua profonda esperienza del teatro potè imprimere all’opera maggior coerenza, portando sulla scena, com’era giusto, l’amore di milord Murray e di Lindana (Goldoni, New York, 1913, pp. 378-381): Goldoni stesso di ciò compiacevasi, come dichiara nella prefazione. Anche il carattere dei personaggi, eccettuato forse quello di Frélon, sembra a Chatfield-Taylor meglio sviluppato nella Scozzese italiana, la quale risultò umanamente e tecnicamente superiore al modello originale. Ma non sarà abbastanza ripetuto (e godo che il critico americano lo riaffermi) che tanto l’Ecossaise di Voltaire, quanto la Scozzese di Goldoni, sono ormai opere morte da tempo, e non rappresentano più che un curioso episodio nella cronaca teatrale del secolo decimottavo.

Resterebbe finalmente a dire di uno dei personaggi volterriani, Freeport, dal quale il Goldoni avrebbe più tardi ricavato il suo Burbero benefico (vedasi, per es., Toldo, l. c, p. 358; e G. Bertoni, C. G. e il teatro franc, del suo tempo, in Modena a C. G., Modena, 1907, p. 412); ma anche di Freeport non è difficile trovare il profilo nelle vecchie composizioni goldoniane. Chi non riconosce in lui maggiore affinità con M. Rainmere, per esempio, nei Mercatanti, che con M. Géronte nel Burbero? Perfino il Rabany vi scorge «un type que Goldoni avait mis plusieurs fois à la scène et qu’on rencontre