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322 ATTO TERZO

Vittoria. Sì, il signor Ferdinando è stato a pranzo da noi. Il signor Guglielmo si compiace poco di favorirmi, ed io, per non venir sola, ho profittato della compagnia del signor Ferdinando.

Giacinta. E che vuol dire ch’ei vi ha lasciata sola col signor Guglielmo?

Guglielmo. Egli è venuto fino alla porta di questa camera.

Vittoria. Ella parla con me, e volete risponder voi? (a Guglielmo) E che importa alla signora Giacinta che sia venuto o non sia venuto il signor Ferdinando?

Giacinta. M’importa, perchè queste signore hanno da presentargli una lettera della signora Sabina.

Rosina. Sì, certo. Eccola qui; e gliela devo dare in mano propria.

Costanza. Anch’io, stando qui, l’ho veduto in sala: non so dove si sia trattenuto.

Rosina. Sarà in casa; sarà in qualche camera. Io non lo vado a cercare sicuramente.

Costanza. (Non vorrei che si divertisse a far parlare quello stolido di Tognino).

Guglielmo. La signora Sabina scrive adunque una lettera al signor Ferdinando?

Rosina. Sì, signore, e l’ha consegnata a me.

Guglielmo. Sarà giusto che il signor Ferdinando risponda.

Rosina. Risponderà, se avrà volontà di rispondere.

Guglielmo. Vuole la convenienza, che quando si riceve una lettera, si risponda. (guardando Giacinta)

Giacinta. Bisogna vedere se la lettera merita una risposta.

Guglielmo. Qualunque lettera costringe le persone civili a rispondere; molto più se è una lettera onesta, scritta con sincerità e con amore.

Giacinta. L’amore non è lecito in tutti, e l’onestà si confonde talvolta coll’interesse.

Vittoria. Per quel ch’io sento, il signor Guglielmo e la signora Giacinta sono bene informati del contenuto di quella lettera.

Guglielmo. A tutti è nota la passione della signora Sabina.