Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/95

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NOTA STORICA

«In questi giorni» annotava Gioachin Burani pel mese di settembre nel suo Giornale solario del 1795 «per quanto intesi nella mia prima gioventù da mia avola materna, allor quando essa era giovane la sua casa era affaccendata, e così parimenti molte altre famiglie del suo rango, a prepararsi alla villeggiatura, e le sue faccende consistevano nel preparare per la biancheria, per fare il bucato, e così pure in accomodare li vecchi vestiti per usarli in campagna, provveder cappelli di paglia, volanti bocchie, zoni, trottoli ed il gioco dell’oca per divertirsi con le visite del suo ordine, che in campagna andavano a ritrovarle facendole accetto con il rinfresco di un bicchiere di vino dolce nuovo, non essendo in allora l’uso di bevere il caffè ridotto in carbone. Le sere di buon tempo ritrovandosi in villa si portavano alla conversazione in quelle massarie dove li contadini si riducevano a filò godendo con piacere quelle favolette raccontate da quei rustici giovinotti, quelle vilotte cantate da quelle semplici pastorelle, accompagnate dal suono di qualche colascione e da qualche piombè. con infinito piacere di tutti gli astanti... Questo è quanto s’accostumava nel secolo passato e nel principio del secolo presente. Chi desidera sapere quel che si accostumava circa l’anno 1760 potrà leggere le commedie del dottor Carlo Goldoni, cioè le Smanie per la villeggiatura, la Villeggiatura, l’Apparecchio alla Villeggiatura ed il Ritorno dalla villeggiatura» (Venezia, Da Simon Cordella a S. Giovanni in Bragora, MDCCXCV, p. 9).

Il rimpianto del Burani par l’eco dei pochi personaggi goldoniani, che, fautori del buon costume antico, sanno, se energici come Geronimo ne’ Malcontenti, resistere, o, deboli come il nostro Filippo, vanno travolti dalla corrente. Dunque non più giubboni di panno, gambiere di lana, scarpe grosse, ma ricche velade, polverine, scarpini con le fibbie di brilli e calzolini di seta. Per le donne la moda più recente, s’intende: quel tale mariage p. e. che mette fuor di cervello Vittoria e Giacinta. Altro che vestiti vecchi da portare proprio m campagna, come Geronimo voleva! Più non serve ammonire: «quando si va in campagna, si va per risparmiarli i vestiti, non per farne de’ nuovi», e ancora: «Chi volesse secondare i cari figlioli, andrebbe a mangiar in un mese in villa quello che basta quattro mesi in città». No, assennato Geronimo, più non si va «a goder la campagna», ma ben altro. Dopo le pazze spese in città ne’ preparativi della villeggiatura, il lusso si spiega subito nello sfoggio di burchielli e cocchi per arrivarvi. Nè gli svaghi son più trottole, zoni e il giuoco dell’oca, ma il faraone e la bassetta; nè più villotte s’accordano a colascioni e piombè, ma musiche e canti d’artisti eccellenti dall’ugola d’oro. Troppo magro rinfresco ormai un bicchiere di vin dolce. Vi son tavole co-