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388 ATTO PRIMO

Conte. Non posso leggere, mi rompete la testa.

Timoteo. Perdoni, or ora ho finito. (seguita, staccia e ripesta)

Crespino. Ehi, Coronato. (lavorando e ridendo)

Coronato. Cosa volete, mastro Crespino?

Crespino. Il signor Conte non vuole che si batta. (batte forte sulla forma)

Conte. Che diavolo d’impertinenza, non la volete finire questa mattina?

Crespino. Signor illustrissimo, non vede cosa faccio?

Conte. E cosa fate? (con sdegno)

Crespino. Accomodo le sue scarpe vecchie.

Conte. Zitto là, impertinente. (si mette a leggere)

Crespino. Coronato! (ridendo batte, e Timoteo batte)

Coronato. Or ora non posso più. (dimenandosi sulla sedia)

Scavezzo. Moracchio. (chiamandolo e ridendo)

Moracchio. Cosa c’è, Scavezzo?

Scavezzo. Il signor Conte! (rìdendo e burlandosi del Conte)

Moracchio. Zitto, zitto, che finalmente è un signore...

Scavezzo. Affamato.

Giannina. Moracchio. (chiamandolo)

Moracchio. Cosa vuoi?

Giannina. Cosa ha detto Scavezzo?

Moracchio. Niente niente, bada a te, e fila.

Giannina. Oh, è gentile veramente il mio signor fratello. Mi tratta sempre così. (Non vedo l’ora di maritarmi). (con sdegno volta la sedia, e fila con dispetto.)

Susanna. Cos’è, Giannina? Che cosa avete?

Giannina. Oh se sapeste, signora Susanna! Non credo che si dia al mondo un uomo più grossolano di mio fratello.

Moracchio. Eh bene! Son quel che sono. Cosa vorresti dire? Finchè state sotto di me...

Giannina. Sotto di te? Oh spero che vi starò poco, (con dispetto fila)

Evaristo. Via, cosa c’è? (a Moracchio) Voi sempre tormentate questa povera ragazza. (s’accosta a lei) E non lo merita, poverina.

Giannina. Mi fa arrabbiare.

Moracchio. Vuol saper tutto.