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IL VENTAGLIO 395

Giannina. Ma è una gran disgrazia la mia! Sono restata senza padre e senza madre, e mi tocca essere soggetta ad un fratello ch’è una bestia, signore, è veramente una bestia. (fila con sdegno)

Evaristo. Ascoltatemi.

Giannina. Parli pure, che il filare non mi tura l’orecchio. (altiera, filando)

Evaristo. (Suo fratello è stravagante, ma ha anche ella il suo merito, mi pare). (ironico)

Susanna. Che avesse comprato il ventaglio per Giannina, non credo mai. (da sè)

Coronato e Crespino. (Mostrano curiosità di sentir quel che dice Evaristo a Giannina, ed allungano il collo per sentire.)

Candida. Interessi colla merciaia, interessi con Giannina! non capisco niente. (da sè, e si avanza sulla terrazza)

Evaristo. Posso pregarvi di una finezza? (a Giannina)

Giannina. Non le ho detto di sì? Non le ho detto che mi comandi? Se la rocca le dà fastidio, la butterò via. (s’alza, e getta la rocca con dispetto.)

Evaristo. Quasi quasi non direi altro, ma ho bisogno di lei.

Candida. (Cosa sono mai queste smanie?) (da sè)

Crespino. Getta via la rocca? (da sè, e colla scarpa e martello in mano, s’alza e si avanza un poco.)

Coronato. Mi pare che si riscaldino col discorso! (da sè, col libro, s’alza e s’avanza un poco.)

Susanna. Se le facesse un presente, non andarebbe in collera. (da sè, osservando)

Giannina. Via, eccomi qua, mi comandi. (ad Evaristo)

Evaristo. Siate buona, Giannina.

Giannina. Io non so d’essere mai stata cattiva.

Evaristo. Sapete che la signora Candida ha rotto il ventaglio?

Giannina. Signor sì. (con muso duro)

Evaristo. Ne ho comprato uno dalla merciaia.

Giannina. Ha fatto bene. (come sopra)

Evaristo. Ma non vorrei lo sapesse la signora Geltruda.

Giannina. Ha ragione. (come sopra)