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LA GELOSIA DI LINDORO 143

Roberto. La conosco benissimo.

Fabrizio. Figlia unica d’un padre ricco...

Roberto. È bella, è giovane, ma un po’ fraschetta.

Fabrizio. Confesso la verità, signore, mi è riuscito d’innamorarla, sarebbe per me il miglior affare del mondo, prevedo che suo padre non ne sarebbe contento, coltivo il di lei amore, e le scriveva la lettera che voi vedete.

Zelinda. si signore, Fabrizio è innamorato della figlia dello speziale, me ne ha fatto la confidenza, mi ha mostrato la lettera, ecco il segreto, ecco la ragione della mia parola, e del mio silenzio. (con spirito e con franchezza)

Roberto. Ah? cosa dite? (a Lindoro)

Lindoro. Non credo niente. Dov’è la soprascritta che provi la verità?

Fabrizio. La soprascritta non era fatta, e la lettera non fu spedita. (a Lindoro)

Lindoro. E per qual ragione quella lettera era in man di Zelinda?

Fabrizio. Lindoro mio, vi domando scusa. Conoscendo il talento e la probità della vostra sposa, prima di spedire la lettera, ho voluto prendere il suo consiglio. Ella m’ha fatto comprendere il torto ch’io aveva di subornare la figlia d’un galantuomo. Mi sono arreso alle sue ragioni, ho trattenuto la lettera, ed è rimasta sul tavolino.

Zelinda. Ecco la pura e semplice verità.

Roberto. E bene, che ve ne pare? (a Lindoro)

Lindoro. Non ne sono ancor persuaso. Perchè questa gran segretezza? Perchè insistere a non parlare? perchè esporsi piuttosto?...

Zelinda. Perchè Fabrizio m’avea domandato il segreto...

Fabrizio. Perchè poteva essere di pregiudizio a me, e di pregiudizio alla figlia.

Zelinda. Ed io non ho cuore di recar pregiudizio a nessuno.

Fabrizio. E l’ho pregata di non parlare.

Zelinda. Ed io gli ho data la mia parola d’onore.

Roberto. Lindoro, la cosa è tanto semplice e naturale, che non si può sospettare in contrario.