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GLI AMORI DI ZELINDA E LINDORO 23


faccende basse. L’illustrissimo signor segretario non si degna di scrivere.... Oh scusate, signore, non vi aveva veduto. (mostra di voltarsi a caso e di ceder Roberto)

Roberto. Andate a consegnare la biancheria. La lavandaia vi aspetta. (a Zelinda)

Zelinda. Ecco qui, signore. Voleva che Lindoro ne stendesse la lista, e non lo vuol fare. Si crede pregiudicato, teme di perdere il suo decoro. Oh egli è un buon umorino, ve l’assicuro.

Lindoro. Ecco qui, tutto il giorno m’inquieta. (a don Roberto)

Roberto. Basta così. Ho capito; andate a consegnar la biancheria, e poi ritornate qui. (a Zelinda)

Zelinda. Ma la lista, signore....

Roberto. Oh la lista è una cosa grande! è un affare di conseguenza! Ci vuole un segretario per farla! Povera giovane, non sa scrivere, poverina! non sa metter giù sopra un pezzo di carta quattro rampiconi per darli alla lavandaia!

Lindoro. Questo è quello che le dicevo ancor io.

Roberto. Oh senz’altro.

Zelinda. Ma io li numeri1 non li so fare.

Roberto. Davvero? Povera innocente! vi troverò un maestro d’abbaco. Andate, andate; fate quel che vi dico, e poi ritornate.

Zelinda. Bene, mi farò aiutare dal mastro di casa....

Lindoro. Ma se volete che lo faccia io.... (a Zelirìda)

Roberto. Non signore, la non s’incomodi. (a Lindoro)

Zelinda. Oh sì, che non s’incomodi, perchè già lo farebbe per dispetto. (Capisco che ha gelosia di Fabrizio). (da sè) O bene, o male, lo farò da me. (forte per consolare Lindoro) (Ho gran timore che siamo scoperti). (da sè, parte)

SCENA X.

Don Roberto e Lindoro.

Lindoro. Io non so che cos’abbia quella fanciulla. È inquieta, è fastidiosa, non mi può vedere. (scrive)

  1. Nelle edizioni dell’Ottocento è stampato: i numeri.