Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/84

Da Wikisource.
78 ATTO TERZO

SCENA VII.

Zelinda, Lindoro, Fabrizio in disparte.

Zelinda. Oh quest’ultimo insulto mi ha avvilita del tutto.

Lindoro. Finalmente la verità deve trionfare, e il mondo vi dovrà render giustizia.

Zelinda. Eh Lindoro mio, le macchie che si fanno all’onore si cancellano difficilmente. Vi protesto che non ho più faccia da comparire; andiamo via, andiamo lungi da questa città, qui non posso più tollerarmi.

Lindoro. Sì, andiamo altrove a cercar miglior destino. Vediamo se vi è occasione per imbarcarci.

Zelinda. Ma la roba mia?

Lindoro. Vi sta sul cuore, vi compatisco.

Zelinda. Mi costa tanti sudori, mi costa tante mortificazioni, e ho da perderla miseramente?

Lindoro. Andiamo a ricorrere alla giustizia.

Zelinda. A ricorrere? Contro di chi? Contro d’un padrone sì buono, che mi ha teneramente amata, e che m’è contrario soltanto perchè mi desidera fortunata?1

Lindoro. I vostri riflessi sono assai ragionevoli. Ma che faremo noi qui, se non abbiamo un ricovero? Se tutto il mondo ci scaccia, c’insulta e ci perseguita?

Zelinda. Sono in un mare di confusioni. (restano pensosi)

Lindoro. Non trovo la via di risolvermi ad alcun partito.

Fabrizio. (Ecco il tempo opportuno per abbordarli. La loro situazione mi è favorevole). (da sè in disparte, e si avanza)

Lindoro. Ma qualche cosa convien risolvere. (si volta) Che pretendete da noi? (a Fabrizio)

Zelinda. Non siete ancora sazio di perseguitarci? (a Fabrizio)

Fabrizio. Mi dispiace nell’anima d’aver contribuito all’ultima vostra disavventura. Ma, cari amici, vedete bene, io non ne ho colpa. Il padrone mi ha comandato....

  1. Nell’ed. Zatta c’è il punto fermo.