Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/93

Da Wikisource.

GLI AMORI DI ZELINDA E LINDORO 87

Roberto. Sì, tutto quel che volete.

Federico. Circa alle scuse ch’ella vi dovrebbe fare....

Roberto. No, no, la dispenso da questo cerimoniale; venga con animo d’esser buona, e mi troverà amoroso per lei.

Federico. Bravo, così va bene. (Manco male che l’ha esentata dagli atti di sommissione. E’ la miglior donna del mondo, ma è un poco troppo ostinata). (da sè, parte)

SCENA XV.

Don Roberto, poi Zelinda, poi Fabrizio.

Roberto. Tutto potrei sopportare. Ma l’astio, la persecuzione a quella povera figlia, mi passa l’anima, mi affligge infinitamente.

Zelinda. (Eccolo. Oh cieli! non ho coraggio di presentarmi). (da sè indietro, piangendo)

Roberto. Dove mai sarà la povera mia Zelinda? che farà la povera sfortunata? (Zelinda piange) Chi sa, se la vedrò più! Chi sa che quell’ardito di Lindoro non abbia finito di precipitarla!

Zelinda. (Piange forte, e don Roberto si volta.)

Roberto. Oh cieli! eccola qui. Eccola, eccola, la mia Zelinda. (le corre incontro con allegrezza)

Zelinda. Signore, vi domando perdono. (piangendo)

Roberto. Sì, cara figliuola, vi perdono assai volentieri. Ero in pena per voi; mi consolo di rivedervi. Il cielo finalmente vi ha illuminata. Siete ritornata con me, spero che non mi abbandonerete mai.

Zelinda. Ah signore, le mie disavventure si aumentano, la mia miseria è estrema, per colmo della mia disgrazia, il mio povero Lindoro è prigione.

Roberto. In prigione Lindoro! Che cosa ha fatto quel disgraziato?

Zelinda. Non ha altra colpa il meschino che avermi difesa dalle persecuzioni di vostro figlio.

Roberto. Ah figlio indegno, disobbediente, ribaldo!

Zelinda. Se avete ancora della pietà per me, accordatemi una sola grazia, vi prego.