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IL GENIO BUONO E IL GENIO CATTIVO 109

Arlecchino. Eh, no serve gnente, no serve gnente. Quel che xe stà, xe stà, parlemo de altro. La diga.... el so reverito nome se porlo saver?

Betzi. Io mi chiamo Betzi, per servirla.

Arlecchino. Mi, siora Betzi, gh’ho da pagar una chioccolata. Cossa oio1 da dar?

Betzi. Uno scellino, signore.

Arlecchino. Cossa vai un scellin.

Betzi. Vale ventiquattro baiocchi romani.

Arlecchino. Che voi dir quaranta otto soldi de Bergamo.

Betzi. Per l’appunto.

Arlecchino. Oh, a Londra xe tutto caro, ma non importa. (tira fuori la borsa, e le dà una moneta d’oro)

Betzi. Vado a cambiare, e vi porto il resto.

Arlecchino. Eh non importa, la tegna pur, la la riceva per un piccolo sagrifizio alle so bellezze.

Betzi. Sono obbligata alla cortesia del signor forastiere. Di che paese è vossignoria.

Arlecchino. Son italian.

Betzi. Veramente i signori italiani sono cortesi, affabili, e generosi. Le piace questo nostro paese? Si tratterrà qui lungamente?

Arlecchino. Mi sì che el me piaseria, e ghe staria anca.... ma sto costume no lo posso soffrir, sto disprezzo che i fa dei foresti....

Betzi. Signore, se voi conosceste bene questo paese, non ne sareste sì malcontento. Gl’Inglesi sono di buonissimo core, e quando hanno dell’amicizia per qualcheduno, sono amici veri, fedeli, e operosi. Non è vero che sprezzino le altre nazioni, e che si credano superiori, ma come sono portati dal clima e dall’educazione alla serietà ed alla compostezza, non possono soffrire la pompa vana e l’allegria smoderata. Uniformatevi un poco al gusto della nazione, e vedrete col tempo, che il soggiorno di Londra è il miglior soggiorno del mondo.

  1. Nell’ed. Zatta è stampato: hojo. Noi seguiamo la forma più comune: oio, oppure aggio.