Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/124

Da Wikisource.
116 ATTO TERZO

Corallina. Ma voi mi fareste venir la rabbia. Chi credete ch’io sia? Sono una giovane onesta e civile, e questo mio parente, è parente, e non ci sono nè supposti, nè cabale, nè raggiri. (alterata)

Betzi. Vi domando mille volte perdono. Scusate la mia delicatezza, e prendetela in buona parte. Se siete quella che dite e quale l’aspetto vostro mi fa creder che siate, avrei un’ottima congiuntura da offrirvi.

Corallina. Sì, sì, animo, animo, procuratemi questa buona occasione.

Betzi. Un cavaliere italiano mi si è raccomandato per ch’io gli faccia far qualche conoscenza.

Corallina. Un cavalier italiano? (Sarebbe mal quel briccone di Arlecchino?) (da se) Lo conoscete questo cavaliere italiano?

Betzi. No, non lo conosco, ma voi che siete della stessa nazione, lo conoscerete più facilmente.

Corallina. Ditemi.... per qual ragione vuol egli far questa conoscenza?

Betzi. Perchè ha intenzione di ammogliarsi.

Corallina. Di ammogliarsi?

Betzi. Sì, certo; in altra maniera non mi sarei esibita di secondarlo.

Corallina. (Quand’è così, non è dunque Arlecchino). (da se)

Betzi. Per quel che mi ha detto, dovrebbe capitare a momenti.

Corallina. L’aspetterò, se volete.

Betzi. Sì, a vostro comodo, e se non vi piace di restar qui ad aspettarlo, potrete entrar in quello stanzino, dove starete con più libertà.

Corallina. Volentieri; mandatemi del caffè, e quando viene questo signore, avvisatemi.

Betzi. Sì, gli parlerò, e poi vi farò chiamare.

Corallina. Vi sarò infinitamente obbligata. Sono una giovane generosa; non mi manca il modo di ricompensarvi, e sarete contenta di me. (Lascia fare. Arlecchino; se questo forastiere mi dà nel genio, ti voglio tormentar come va). (da sè; entra in uno stanzino)