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Valerio. Credete voi ch’io possa lusingarmi di riuscire nel mio progetto?

Marta. Sì, tanto più che la giovine è in buona opinione1 di suo zio, e che egli vuol maritarla.

Valerio. Vuol maritarla?

Marta. Sicuramente.

Valerio. Ma se è egli stesso che vuol maritarla, vorrà scegliere a suo piacere il partito.

Marta. (Sorridendo) Potrebbe darsi.

Valerio. Bella speranza, che voi mi date.

Marta. Le mie parole... (voltandosi verso l’appartamento di Leandro) Venite, venite, signora Angelica.

SCENA XI2.

Angelica, Valerio, Marta.

Angelica. (Da sè, agitata) Misera me! non so in che mondo mi sia.

Valerio. Oh Dio! vi vedo agitata.

Angelica. Il povero mio fratello...

Marta. Sempre lo stesso?

Angelica. Pare un poco rasserenato.

Marta. Il signor Valerio mi ha detto delle cose ammirabili riguardo a voi ed a vostro fratello.

Angelica. Per lui pure?

Marta. Se voi sapeste i sacrifizi che si è proposto di fare!...

Valerio. (A Marta) Non le dite di più; vi sono sacrifizi che ella non meriti?

Marta. Bisognerà parlarne al signor Geronte.

Angelica. Io era discesa espressamente per veder mio zio, per parlargli di Leandro e di me; parendo che lo stato nostro presente mi abbia dato un coraggio di cui non mi credeva capace.


  1. Testo: oppinione
  2. Si confronti con la scena XVI dell’originale.