Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/408

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struirvi d’alcune particolarità che mi riguardano. Non è per vanità, il ciel me ne guardi, ma unicamente per dar motivo alla vostra penna eloquente di brillar d’avantaggio.

Giacinto. Vedrete, signore, ch’io ho fatto buon uso di tutte le memorie che voi mi avete date in iscritto. Ma ho fatto qualche cosa di più.

Conte. Avete parlato de’ miei quadri? Avete parlato della mia biblioteca?

Giacinto. Sì, signore.

Conte. Ci avete messo i libri che vi ho detto ch’ io dovea comperare?

Giacinto. Ma... signore.... un indice de’ libri in una lettera dedicatoria....

Conte. Vi pare cosa difficile? Non si può mettere a pie della pagina: il conte di Casteldoro possedè una biblioteca di dieci mila volumi? Un uomo di spirito come voi, sa profittare di tutto. Voi vedrete, per esempio, se la cena di questa sera è capace di somministrarvi qualche novella idea: qualche idea poetica, spiritosa, vivace.

Giacinto. Tutto ciò è possibile, ma ho pensato a qualche cosa di più essenziale. Ho fatto fa vostra genealogia.

Conte. (Freddamente) La mia genealogia! no, no, amico, io non amo le genealogie. Ci sarebbe a dire di me qualche cosa che potrebbe farmi onore, egli è vero: ma io son nemico della vanità, e su quest’articolo voglio preferir la moderazione.

Giacinto. Tutto quel che vi piace: ma ho fatto delle scoperte che mi hanno costato molto studio e molta fatica, e avrei piacere che almeno ne foste istruito.

Conte. (Con curiosità) Avete fatto delle scoperte che mi riguardano?

Giacinto. Così è, signore.

Conte. Caro signor Giacinto, vediamo.

Giacinto. Il vero nome della vostra famiglia non è de Colombani?

Conte. Sì, ma non è necessario...