Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/434

Da Wikisource.


oserebbe comprarne senza un ordine espresso del suo padrone. Il signor conte è di una avarizia...

Marchese. Che! che! che!... bene, bene, benissimo... Il conte un avaro!

Fiorillo. Non ve n’è uno simile in tutto il mondo.

Marchese. Chi è che?... Sei tu?... Sciocco, pazzo... Il conte?... Egli è un uomo... oh! oh!... va, va, stolido...

Fiorillo. Ho parlato a più di dieci persone: a gente di casa, a gente di fuori di casa, a de’ mercanti, a de’ bottegai, a persone del vicinato... tutti dicono la stessa cosa. Volete di più? Il suo servitore più antico e più favorito non può più resistere al suo servizio.

Marchese. Come?... Sarebbe mai?... Mi ha rifiutato la carrozza!

Fiorillo. Per avarizia. Va a piedi egli pure per non affaticare i cavalli.

Marchese. Ma... centomila lire in diamanti...

Fiorillo. (Sorridendo) Parlate voi delle gioje che ha fatto vedere alla sposa?

Marchese. Ebbene?

Fiorillo. Ebbene. Non le ha pagate, e non le pagherà. Non sono comprate, ma prestate: il suo servitore me l’ha confidato.

Marchese. Come!... cospetto!... Bene, bene, benissimo, un avaro nascosto!... bene, bene, benissimo... un uomo falso!... un uomo cospetto, cospetto!... odioso... disprezzabile... Mia figlia?... Oibò. A cena con lui?... nemmeno... Gran trattamenti, e neanche un grano di biada! I miei cavalli... vuò vedere i poveri miei cavalli. (va per sortire

Fiorillo. (Accennando un’altra sortita dalla medesima parte) Per di là, per di là, signore. Le scuderie sono in un’ altra corte.

Marchese. Doppia corte, e senza biada!... Gran palazzo, e neanche un grano di biada! (parte con Fiorillo

Fine dell’Atto Quarto.