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GLI AMANTI TIMIDI 51

Carlotto. Se avete qualche impegno, qualche interesse, qualche amoretto... siamo uomini alfine. Confidatevi, e non dubitate.

Arlecchino. (El mal xe, che me vergogno de far saver che no so lezer). (da sè)

Carlotto. Capisco dalla vostra confusione, dal vostro silenzio, che siete imbarazzato, dubbioso. Voi mi fate un gran torto, se non vi fidate di me. È segno manifesto che non mi siete amico.

Arlecchino. Sior sì, me fido de vu, son vostro amigo, e per darve una prova della mia amicizia, tolè, lezè sta lettera. (gliela dà)

Carlotto. Questa lettera viene a voi. (osservando la soprascritta)

Arlecchino. La vien a mi.

Carlotto. E non l’avete nemmeno disigillata?

Arlecchino. No, ve la confido tal e qual come che l’ho ricevuda.

Carlotto. Sapete che cosa contenga?

Arlecchino. Mi no so gnente.

Carlotto. E volete ch’io la legga prima di voi?

Arlecchino. Sì, perchè se ghe fusse qualche cattiva nova per mi, me ne dire el1 contenuto in succinto.

Carlotto. (Ci scommetto che non sa leggere). (da sè)

Arlecchino. (Se podesse scansar la vergogna). (da sè)

Carlotto. Eccola aperta. (apre la lettera)

Arlecchino. Chi la scrive?

Carlotto. Non vi è alcuna sottoscrizione.

Arlecchino. Ma pur?

Carlotto. Tenete. Voi capirete dal contesto della lettera... (gli vuol dar la lettera)

Arlecchino. No; feme sto servizio, lezèla vu.

Carlotto. Ci potrebbe essere qualche cosa, che non vi convenisse di far sapere; tenete.

Arlecchino. Gh’ho la testa confusa. Gh’ho mal ai occhi. Favorime de lezer vu.

Carlotto. (Ho capito. Non sa leggere, e si vergogna). (da sè)

  1. Pasquali e Zatta: me ne direè ’l contenuto.